Succede ogni volta che si compra una bottiglia d’olio: ci si guarda attorno, si confrontano etichette, si scelgono colori, profumi e magari anche il prezzo. Ma quante delle informazioni che guidano queste scelte sono davvero affidabili?
L’olio extravergine di oliva è uno degli alimenti più ricchi di valori nutrizionali e culturali della nostra dieta. Eppure, intorno a questo prodotto si sono costruiti nel tempo molti luoghi comuni, a volte ingenui, altre volte frutto di strategie di marketing, altre ancora di semplice disinformazione.
Sfatare questi miti non serve solo per scegliere meglio al supermercato o nei mercati contadini. Serve per capire meglio cosa portiamo a tavola, per rispettare il lavoro di chi coltiva e frange, per riscoprire un legame con la terra che passa anche dalle scelte quotidiane.
Non è questione di diventare esperti, ma di iniziare a guardare l’olio con occhi più attenti.
Il colore dice tutto? No, ma può ingannare
Uno dei primi pregiudizi da scardinare riguarda il colore dell’olio. L’idea che un olio più verde sia più buono o più genuino è ampiamente diffusa, ma anche sbagliata.
Il colore dipende da diversi fattori: la varietà dell’oliva, il grado di maturazione al momento della raccolta, il tipo di estrazione e persino il filtraggio. Un olio di qualità può essere verde intenso, dorato o avere riflessi giallo-ambra, e nessuna di queste tonalità rappresenta di per sé una garanzia.
Inoltre, la percezione visiva dell’olio è talmente soggettiva che nelle degustazioni professionali si usano bicchieri scuri, proprio per evitare che il colore influenzi il giudizio.
L’unico consiglio utile? Non farti ingannare dalla vista. Lascia che siano il naso e il palato a guidarti.
L’olio più delicato è quello migliore? Dipende
Molti consumatori, soprattutto poco abituati al gusto intenso, tendono a preferire oli più leggeri, più dolci, meno pungenti. E c’è chi pensa che questa “morbidezza” sia indice di alta qualità. In realtà, è vero il contrario.
Un buon olio extravergine deve avere carattere. Deve pizzicare un po’ in gola, deve lasciare note amare o vegetali sul palato. Quel pizzicore è dato dai polifenoli, potenti antiossidanti naturali che si trovano nelle olive verdi e che vengono mantenuti solo in oli ben prodotti, con estrazione a freddo e raccolta precoce.
L’amaro e il piccante non sono difetti. Sono segni di freschezza, ricchezza nutrizionale e autenticità.
Naturalmente, ci sono oli più dolci e altri più aggressivi, e il gusto personale ha il suo peso. Ma la qualità, in questo caso, non coincide con la delicatezza, bensì con l’equilibrio e la ricchezza sensoriale.
L’olio non filtrato è più genuino? Non sempre
Un altro mito duro a morire riguarda l’olio torbido, non filtrato. Molti lo associano a qualcosa di più “artigianale”, più vero, quasi più contadino. Ma anche qui è bene fare chiarezza.
La torbidità dell’olio è data da residui solidi e acqua di vegetazione. Se non viene filtrato subito dopo l’estrazione, l’olio può risultare meno limpido, sì, ma anche più instabile. Col tempo, infatti, queste impurità possono fermentare, alterare il sapore e accelerare l’ossidazione.
Un olio filtrato bene, invece, è più stabile, più duraturo, più pulito nel gusto. Anche in questo caso, la scelta è personale, ma l’idea che la torbidità sia sinonimo di genuinità è fuorviante.
Molti produttori filtrano non perché “industriali”, ma perché attenti alla qualità e al mantenimento delle proprietà organolettiche nel tempo.
L’extravergine va bene per tutto, anche per friggere? Sì, eccome
Tra i falsi miti più diffusi, uno dei più resistenti è questo: “non sprecare l’extravergine per friggere”.
La realtà è ben diversa. L’olio extravergine d’oliva è uno dei migliori grassi da cottura. Ha un punto di fumo alto (intorno ai 210°C), superiore a molti altri oli vegetali comunemente usati per friggere. Inoltre, grazie ai suoi antiossidanti naturali, regge meglio il calore e produce meno sostanze tossiche.
Certo, è più costoso, ma anche più stabile e più sano. Se si vuole risparmiare, è meglio ridurre le fritture che abbassare la qualità dell’olio usato.
E poi c’è un dettaglio tutt’altro che trascurabile: il sapore. L’olio EVO dona alle fritture un’aroma unico, soprattutto in piatti tipici come verdure in pastella, panzerotti, zeppole o pesce fresco.
L’olio va conservato in frigo? Meglio di no
Capita spesso, soprattutto d’estate, di pensare che mettere l’olio in frigo sia un modo per conservarlo meglio. Ma è un errore.
L’olio extravergine va conservato al buio, in ambienti freschi e asciutti, ma non in frigorifero. Le basse temperature, infatti, possono alterarne la struttura, facendo comparire grumi o sedimenti che poi ne compromettono aroma e consistenza.
L’ideale è tenerlo in una dispensa chiusa, lontano da fonti di calore, e soprattutto in bottiglie scure o in acciaio inox, per proteggerlo dalla luce.
Anche la bottiglia vicino ai fornelli è un’abitudine da correggere: il calore accelera l’ossidazione e abbassa la qualità.
Un olio ben conservato mantiene le sue proprietà anche per molti mesi. Ma dev’essere trattato come un prodotto “vivo”, che va protetto con cura.
Il prezzo non mente, ma non racconta tutto
Spesso si pensa che un olio più caro sia sempre migliore. Ed è vero che un extravergine di alta qualità non può costare pochissimo, soprattutto se è italiano, certificato e prodotto con attenzione.
Ma il prezzo, da solo, non è garanzia assoluta. Ci sono ottimi oli a prezzi accessibili, e oli costosi che giocano solo sull’etichetta.
La differenza la fa il rapporto con il produttore, la tracciabilità, la conoscenza della filiera. In questo senso, acquistare direttamente da realtà che si raccontano in modo trasparente, come Oliobarilese.it, è una scelta che va oltre il prezzo: è un atto di fiducia e consapevolezza.
Conoscere chi lavora con passione, vedere il volto dietro una bottiglia, leggere le stagioni in una scheda tecnica o in un racconto: tutto questo dà un senso diverso al gesto dell’acquisto. Ed è proprio da qui che nasce il valore vero di un olio.